Pittatore, Michelangelo, orgoglio della pittura piemontese dell’Ottocento

Tra neoclassicismo e realismo: Michelangelo Pittatore (Asti, 1825 – 1903). Si formò all’Accademia di San Luca di Roma (discepolo di Tommaso Minardi) e visse ad Asti e a Londra (amico di Giuseppe Mazzini)

di Rocambole Garufi

9 Giugno 2020 Salvatore Paolo Garufi Varie 0

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Quando, nell’anno in cui ho vissuto ad Asti, ho visto i primi quadri di Michelangelo Pittatore, il mio interesse fu catturato dalla morbidezza della pennellata, che in modo impressionante mi ricordava quella del siciliano Sebastiano Guzzone (vedasi al riguardo il suo “Ritratto del vescovo Morana” custodito nelle Sale del Tesoro del Santuario della Madonna della Stella di Militello in Val di Catania, Sicilia.

Il mistero fu presto chiarito dal fatto che sia il Pittatore che il Guzzone avevano avuto come riferimento le opere del neoclassico Tommaso Minardi, che fu maestro a più di una generazione pittorica dell’Ottocento.

Questa avvertita tecnica servì a Pittatore per realizzare una ricca galleria della nuova borghesia piemontese che si avviava a realizzare l’Unità d’Italia.

Anche nel versante della produzione sacra, infatti, c’era qualcosa di terreno, di anti-eroico, di senso comune nell’assistere all’evento di cui erano testimoni.

Era questa la maniera italiana di essere anti-retorici, cioè di rifiutare il tronfio misticismo barocco, o, peggio, la festeggevole vacuità del rococò.

Il trasteverino di Pittatore ha il sorriso irridente dei bulli, il San Pietro con la chiave in mano ha l’accondiscendanza e lo scetticismo di chi non ha ancora ben capito cosa farne.

Esplode soltanto la bellezza piena di vita della donna affacciata alla finestra. Anche nella pittura, così, si realizza il tipico raccontare italiano, senza pudori e senza le imbalsamazioni dell’ortodossia.

Michelangelo Pittatore – come il poeta Giuseppe Giacchino Belli – era molto stimato da Giuseppe Mazzini, ma del sacerdozio laico del genovese in lui non resta molto.

E’ la commedia – tragica e realista, sbruffona e libera – la grande caratteristica della Nazione, che parte dal Novellino, attraversa Boccaccio, Sacchetti Bandello, si fissa nei quadri di Gentile da Fabbriano e di Botticelli, si sublima in Leonardo da Vinci e Michelangelo ed urla col Caravaggio, per assestarsi in centinaia di narratori e di Pittori dal tono medio… eroi in doppio-petto, che ultimamente hanno trovato ricovero nei film di De Sica, di Comencini e di Sergio Leone…

Il faccione di Alberto Sordi, credo, dovrebbe stare sulla copertina di qualsiasi libro di Storia italiana.

“… Non è stato possibile capire i motivi che spinsero Michelangelo Pittatore a trasferirsi a Londra nel 1868, forse la permanenza per molti anni nella “città eterna”, lo aveva abituato ad un ambiente culturalmente stimolante che la provinciale Asti non poteva certo offrirgli, e poi la conoscenza negli anni romani con Rudolph Lehmann, che a Londra risiedeva, devono aver spinto il pittore ad ampliare ed arricchire la propria esperienza artistica.
A Londra il Pittatore trovò la numerosa colonia italiana, ed in particolare conobbe il sessantenne Giuseppe Mazzini, che con una lettera di presentazione alla importante famiglia londinese di Adolfo Nathan, lo introdusse come ritrattista presso l’opulenta borghesia vittoriana. A Londra nei primi tempi il pittore astigiano lavora come assistente di Lehmann e Boxall, ma nel 1869 con il ritratto a Sir Arthur Kinnaird, esposto nello stesso anno alla Royal Academy, ed in seguito con il ritratto a Lord Robert Cornelis Napier, il Pittatore acquisisce una certa notorietà…”

(da Wikipedia)

Donna Caterina Beccaro Brambilla
Donna alla finestra
Giovanni Evangelista Ferraro
San Pietro
Sebastiano Porcelli
Autoritratto in veste di mendicante
Trasteverino
Natura morta
L’accusa a Gesù Cristo
Ritratto del padre
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